LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha emesso la seguente oridinanza sul ricorso n. 90/2619 presentato
 il 2  dicembre  1989  (avverso  s/rif  su  primo,  rimborso  Irpef  -
 Trattamento fine raporto, 87) da: Jacobellis dott. Vincenzo residente
 a  S. Giovanni Dosso in: via Roma, 74, contro l'intendenza di finanza
 di Mantova;
    Udito il relatore;
    Sentiti i  rappresentanti  del  ricorrente  e  dell'intendenza  di
 finanza;
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  il ricorso indicato in epigrafe il dott. Jacobellis Vincenzo,
 premesso di aver riscosso dall'Empam Servizi  previdenza  speciali  -
 Fondi  generici,  il  20  maggio  1988,  la somma di L. 178.974.904 a
 titolo di indennita' di fine rapporto maturata a seguito di attivita'
 professionale prestata per conto dei disciolti  enti  mutualistici  e
 del  servizio  sanitario  nazionale,  chiedeva,  in  via  principale,
 l'integrale rimborso di quanto trattenutogli, ai sensi  dell'art.  25
 del  d.P.R.  n.  600/1973,  a  titolo Irpef (L. 44.417.893) avendo la
 suddetta indennita' natura  assistenziale  e  previdenziale.  In  via
 subordinata,  alla  luce  della  sentenza  n.  178/1986  della  Corte
 costituzionale,  chiedeva  il  rimborso  dell'Irpef   applicata   sui
 contributi  previdenziali obbligatoriamente versati dal ricorrente al
 fondo di previdenza. L'accordo collettivo nazionale per la disciplina
 dei rapporti con i medici di medicina generale,  reso  esecutivo  con
 d.P.R.  16  ottobre  1984,  n.  882,  in fatti, stabilisce che "per i
 medici  iscritti  negli  elenchi  della   medicina   generale   viene
 corrisposto un contributo previdenziale a favore del competente fondo
 di  previdenza  di cui al secondo comma del punto 6 dell'art. 9 della
 legge 26 giugno 1977,  n.  349,  pari  al  20%  dell'ammontare  degli
 emolumenti relativi ai punti a) e d) del presente articolo, di cui il
 13% a carico dell'I.S.L. ed il 7% a carico del medico".
                          OSSERVA IN DIRITTO
    I - La richiesta principale deve essere disattesa perche' la Corte
 di cassazione, con ordinanza 24 gennaio 1986, n. 137, che il collegio
 pienamente  condivide, ha respinto l'interpretazione dell'art. 12 del
 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 prospettata dal ricorrente. La Corte
 costituzionale,   inoltre,   ha   ritenuto    la    suddetta    norma
 costituzionalmente legittima (Sentenza n. 178/1986).
    II  -  La  richiesta  avanzata  in via subordinata non puo' essere
 accolta perche' la tassativita' della normativa vigente non  consente
 una  applicazione  analogica  della  richiamata pronuncia della Corte
 costituzionale  con  riferimento  ad   istituti   previdenziali   non
 direttamente incisi dalle sue decisioni (Corte di cassazione sez. un.
 13 febbraio 1992, n. 126 ord.).
    III  -  Tale  legislazione  pone  una questione non manifestamente
 infondata di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
 e 35 della Costituzione, che  questa  commissione  ritiene  di  dover
 prospettare d'ufficio.
    A tale proposito si rileva che il rapporto intrattenuto dai medici
 addetti alla medicina generale con il servizio sanitario nazionale 7,
 per   la   stessa  definizione  contenuta  nell'art.  1  dell'accordo
 collettivo,  un  rapporto  di   lavoro   autonomo,   continuativo   e
 coordinato.   Il   trattamento  tributario  relativo  trova  pertanto
 fondamento nella lett. c) dell'art. 16 del d.P.R. 22  dicembre  1986,
 n.  917, in vigore dal 1› gennaio 1988. E invero, come si legge nella
 risoluzione ministeriale 10 giugno 1986,  ancorche'  il  rapporto  di
 lavoro    autonomo,    continuativo   e   coordinato,   espressamente
 riconosciuto ai  fini  sostanziali,  sia  svolto  nei  confronti  del
 S.S.N., tuttavia - mancando qualsiasi erogazione di somme da parte di
 questo  -  puo'  ritenersi  che l'indennita' di fine rapporto erogata
 dall'Empam surroghi analoga indennita' che  dovrebbe  essere  erogata
 dal S.S.N.
    La  conseguenza  e' che la determinazione dell'imposta deve essere
 effettuata secondo la disciplina dell'art. 18 del citato  d.P.R.  che
 non  prevede  pero',  a differenza di quanto e' disposto dall'art. 17
 con riferimento alle indennita' di fine rapporto afferente a rapporti
 di lavoro dipendente, che dall'imponibile da  assoggettare  all'Irpef
 sia  dedotta  una  somma  pari  alla  percentuale  di tale indennita'
 corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo,  tra
 il contributo posto a carico del percipiente e l'aliquota complessiva
 del contributo stesso versato all'ente di previdenza.
    Ebbene, la disparita' di trattamento non appare giustificata dalla
 diversa  natura del rapporto perche' identiche sono la formazione, la
 gestione e l'erogazione delle  due  indennita'  e,  conseguentemente,
 essendo   uguali  le  situazioni,  uguali  debbono  essere  i  regimi
 impositivi. La Corte costituzionale,  inoltre,  ha  gia'  considerato
 nella citata sentenza n. 178/1986 illogico ed arbitrario ritenere che
 l'indennita'  di  buonuscita  si  profili  come  reddito per la parte
 afferente in via virtuale la contribuzione versata dal  dipendente  e
 questo  principio, a giudizio della commissione, deve necessariamente
 valere in ogni ipotesi in cui, come quella in  esame,  le  indennita'
 erogate siano formate anche con tributi del percipiente.
    La questione, infine, e' rilevante ai fini della decisione perche'
 dalla sua fondatezza dipende l'accoglimento della domanda.